...correva l'anno 1999 e si era giunti alle vacanze di Pasqua. Come ogni anno avevamo deciso, con la mia famiglia, di trascorrere questo breve inizio di primavera in Liguria, a Rapallo, dove abbiamo un piccolo appartamento.
Così, in una bellissima mattina di sole, durante una passeggiata nelle colline dell'entroterra ligure, tra un ulivo e una pianta di fico mi apparve la Irma.
Fu
amore a prima vista, non era una moto, era "...la moto...", più
bella, di tutte le moto mai viste, con un blocco motore possente ma semplice e pulito. Nulla a che vedere
con le moto attuali, complicate e così chiuse da non mostrare neppure il
motore. Qui tutto era semplice, chiaro e facile da smontare e riparare; sì,
perché distratto in un primo momento dalla linea della moto, che appariva in
controluce, nel sole, dovetti concentrarmi meglio sui dettagli per capire che
le condizioni erano veramente terribili (più avanti saprò che è stata lasciata
alle intemperie, senza alcuna protezione per almeno tre anni, forse più (il
proprietario non ha mai trovato il coraggio di dirmi tutta la verità).
Confesso l'emozione a mia moglie, che conoscendomi, capisce quale sarà il futuro di questa moto, pur cercando con timido tentativo di convincermi che "...forse non è il caso...".
Ritorniamo
comunque a Milano; non posso fare niente ora, in quanto la moto è abbandonata
in un campo, vicino ad una catapecchia, forse una piccola officina, dove non
c'è nessuno, dato il periodo festivo: ci penseremo ad Agosto, quando verremo
per le vacanze estive. Se è destino sarà ancora là.
Arrivano l'Agosto e le vacanze: non appena a Rapallo, sulla mia vecchia Lambretta del 1951 (un po' gelosa, anzi, molto gelosa) salgo la strada in salita sino alla piccola officina: la moto c'è ancora; e pure c'è una persona, un amico del proprietario, del quale mi dà indirizzo e telefono.
Lo
trovo e concludiamo in 24 ore: la moto è mia. Si tratta di una Moto Guzzi
Modello "Nuovo Falcone", prima immatricolazione nel Luglio del 1971,
appartenuta ai Vigili di Rapallo e successivamente, nel 1982, venduta
all'attuale proprietario. Il colore originario è il "Blu
Carabinieri", che rimane sul telaio, mentre serbatoio, parafanghi,
bauletti e paragambe sono stati riverniciati in argento metallizzato, che ora,
col tempo, persa totalmente la brillantezza appare un fedele color "tubo
di stufa".
Il proprietario e l'amico vogliono metterla in moto, dicono che l'olio è stato cambiato recentemente, ma devo comprare una batteria. La compro e ...al primo colpo...è in moto...pum...pum...pum...pum: questa è la Moto Guzzi, il monocilindrico Guzzi. Non ne sono certo, ma credo fosse ferma da almeno dieci anni.
Così,
con le sue gambe, anzi, con le sue ruote, arriva nel mio box, per passare la
prima notte al coperto, dopo tanti anni sotto le stelle.
Il
mattino dopo, all'alba, comincia l'avventura: la studio in tutti i dettagli e
mi rendo conto che le condizioni sono disastrose (devo dire, comunque, di
averla pagata molto poco, proprio per questo). "...buttala via..." mi
dice la Lambretta, che osserva stizzita da un angolo del box, ma la zittisco.
Lo
stato della moto non consente di affrontare un viaggio sino a Milano (questa
era in realtà la prima idea e l'impossibilità di realizzarla è stata una
fortuna, perché se fossi riuscito ad arrivare a Milano, probabilmente l'avrei
portata da un meccanico e restauratore che avrebbe fatto tutto lui). Invece
devo cambiare programma: smonterò il tutto, porterò a Milano i pezzi separati
per il restauro, e potrò fare da me il più possibile e sicuramente tutte le
parti più piccole; poi rimonterò, lasciando tuttavia ad una mano esperta la
revisione del motore, che non reputo, per il momento, alla mia portata.
La
verniciatura della carrozzeria, le ruote e la revisione del motore dovranno
quindi essere fatte in Moto Guzzi.
Seguendo
la mia filosofia di dividere in pezzi più piccoli i grossi problemi comincio a
smontare con ordine, catalogando tutti i pezzi e i bulloni; così passerò le mie
vacanze arrivando a fine Agosto, tra un bagno in mare e un carburatore, con
tutto un programma organizzato.
Ai
primi di Settembre rientro a Milano con la mia SW carica di tutta la moto
esclusi motore e telaio, che nel
frattempo ho riverniciato in nero opaco.
Ho
infatti deciso di non effettuare un restauro fedele all'originale: creerò una
moto particolare, come mi piacerà, tuttavia restando nei gusti dell'epoca. Il
telaio nero opaco, dunque e la carrozzeria in "Rosso Guzzi" con
aquile in oro; accessori cromati.
Settembre
trascorre nel restauro di tutti i pezzi che, nel tempo libero, pulisco e
rivernicio o faccio cromare; inoltre la ricostruzione totale dell'impianto
elettrico. Nel frattempo, serbatoio, parafanghi, bauletti e paragambe sono in
verniciatura a Mandello, mentre le ruote sono dal meccanico (che più avanti
seguirà la revisione/restauro del motore) per il cambio dei cerchi, raggi e
freni.
A
Dicembre tutto è pronto e in due fine settimana a Rapallo, lavorando sabato e
domenica rimonto il tutto; poi su un furgone, noleggiato il secondo fine
settimana, porto la moto a Milano, dal meccanico che l'aspetta. "...ha
fatto un buon lavoro", mi dice "non male..." e questo, naturalmente
mi riempie di gioia.
Trascorre
l'inverno e arriva ancora Pasqua: esattamente ad un anno dal nostro primo
incontro la "Irma" è pronta. "Irma la Rossa".
Imparo
a metterla in moto (non è facile) e poi imparo ad usarla (…è difficile); e,
sulla strada saremo ...una cosa sola.